martedì 4 gennaio 2011

Sayana





Sayana si alzò lentamente e in punta di piedi si avviò all’uscio della sua gher e sentì il vento gelido dell’alba estiva che le sfiorava le guance rosse e che, più forte, smuoveva la sabbia del deserto del Gobi che era lì, disteso dinanzi ai suoi occhi.
I cammelli e il bestiame dormivano poco distanti, legati a pali temporaneamente conficcati nell’arido terriccio rosso che circondava la piccola oasi e che il sorgere del sole schiariva pian piano.
Dentro i genitori e i fratelli dormivano adagiati tra le pelli di yak folte e calde, avvolti nei loro abiti di seta spessa e dai colori sgargianti che contraddistinguono la loro tribù : gli Tsaatan, i nomadi allevatori delle steppe e dei deserti della mongolia.
Lo sciamano aveva comunicato giorni prima che finalmente era giunto il tempo per Sayana di prepararsi a diventare moglie e i suoi genitori avrebbero provveduto a trovarle un’istruttore che le spiegasse come soddisfare suo marito affinchè fosse ben lieto di generare sempre nuova prole per la loro tribù.
Il fresco del vento mattutino non aiutava Sayana a trovare la calma che desiderava per prepararsi all’incontro con l’istruttore che il padre aveva attentamente selezionato per lei ma sapeva che tutto ciò era necessario prima di poter sposare Ochir, l’uomo scelto per lei dalla tribù.
Taishir, la madre, si alzò vedendo la sua bambina nervosa e con calma si avvicinò e la strinse a sé, oramai aveva 14 anni e sarebbe finalmente diventata donna come fu per lei molto tempo prima, alla scarsa età di 13 anni.
Al sorgere del sole il padre e i fratelli uscirono dalla gher per permettere a Taishir di preparare Sayana con le più belle vesti che aveva al fine di essere accettata dal suo educatore. E le mise addosso una splendida tunica di seta, fitta di ricami dorati di fiori candidi e dalle lunghe maniche lucide, e stivali di pelle, biondi, con le punte all’insù e fregi verdi come l’erba della steppa.
Quando il sole fu alto in cielo il padre entrò nella tenda e prese per mano sua figlia conducendola con sé dinanzi alla gher dell’uomo che l’avrebbe istruita.
Era alto, con gli occhi scuri e il volto scavato dalle intemperie del deserto, i capelli nerissimi, lunghi e legati in una coda, e la carnagione rossa della loro etnia. Era ancora giovane ma il suo volto non tradiva incertezza. Il suo nome era Monkh, “eterno”, così come parve a Sayana l’istante in cui lo incontrò e si perse nello guardo penetrante dei suoi occhi scuri come la brace.
Monkh si spostò dall’uscio e indicò a Sayana di entrare nella grande gher color terra che aveva come casa e lei con passo leggero e timoroso vi entrò. Monkh dietro di lei entrò e chiuse l’uscio spostandovi sopra le grosse pelli.
Al centro cuscini e sete erano adagiati su un materasso di pelli di cammello e alcune candele fornivano una fioca luce.
Sayana si appoggiò al giaciglio e attese le richieste dell’istruttore.
Egli le si avvicinò e la prese per la schiena facendola distendere e piano sollevò i vestiti dal basso fino a sfilarli dolcemente dal corpo esile di ragazzina. La guardò, nuda, distesa sul suo letto e iniziò la sua lezione d’amore.
Si abbassò verso il corpo della giovane e iniziò a massaggiarle i seni con dolcezza e a leccarli e piano una mano scese verso il sesso di Sayana che iniziava a bagnarsi e a emanare un forte profumo, dolce e aspro. Con le dita sprofondò piano, nei gemiti di lei, che iniziava a contorcersi e a scivolare lenta nella morsa del piacere. Dopo poco le dita trovarono l’imene intatto della fanciulla, che non aveva mai donato il suo corpo a nessuno tranne che a lui. Prima con un dito e poi con un altro iniziò lentamente a spingere, incurante dei lamenti di Sayana, che si contorceva tra godimento e dolore, e la sua penetrazione si fece sempre più forte.
Iniziò a lubrificarla con la lingua assaporando il gusto dolcissimo e morbido di quella fiça di ragazzina, dalle labbra strette e scure, scivolosa e umida, morbida come e più della seta prodotta dai bachi allevati nelle steppe.
Monkh alzò le braccia e sfilò piano anche la sua tunica e i suoi pantaloni e allontanò i folti capelli neri dal suo volto arrossito dall’eccitazione. Abbassò lo sguardo verso il suo membro e vide che si era già eretto nella foga della passione. Si avvicinò alla ragazza prendendola per le mani, gliele posizionò sulle palle e sul pene e avvicinò il glande alla bocca rossa e carnosa di lei chiedendole di succhiarlo. Sayana iniziò lentamente e con poca convinzione sicchè le mani di lui sui capelli lunghi e folti della giovane spinsero sempre più forte e velocemente e Sayana infine riuscì a far venire il suo educatore che, dopo averle fatto ingoiare il suo seme, la guardò in viso finalmente soddisfatto dell’allieva. Ora toccava a lei essere pronta per quello che un domani sarebbe stato il suo uomo.
Si spostò dal viso della giovane e si ripulì il membro umido di seme e iniziò a stimolarlo con le sue mani e con quelle di Sayana che lo vide risorgere dal piacere che aveva appena ricevuto.
Lento si riabbassò Monkh  verso il sesso bagnato dell’allieva e iniziò a leccare veloce e a spingere con la punta della lingua mentre Sayana si reggeva ai cuscini del giaciglio, con gli occhi chiusi, stretti e la bocca spalancata in forti gemiti. La lingua dell’uomo ruotava prima leggera e poi forte spingendo l’imene, e le mani massaggiavano il clitoride affinchè ella provasse il maggior piacere possibile.
Quando fu il momento Monkh si staccò e la penetrò con un colpo secco. Un urlo improvviso si levò da Sayana inarcò la schiena e iniziò a spingere a sua volta, non paga del piacere come del dolore che il suo istruttore le provocava.
Lui iniziò a muoversi piano senza uscire, assecondando il suo piacere più che quello della ragazzina, ormai bagnata di sudore su tutto il corpo. Iniziò a spingere sempre più forte, su e giù, continuamente, in preda alla sua stessa folle passione, mentre Sayana tendeva sempre più le gambe e, nel dolore, assecondava i suoi movimenti.
Ma si ricordò all’improvviso del suo compito e, prima di venire dentro lei, si staccò, lasciandola inerme e senza fiato.
Lui si rivestì e lo stesso fece con lei, ancora sconvolta dalle emozioni provate; la fece alzare e la riaccompagnò fuori. Oramai era il tramonto e il cielo si oscurava lentamente in ombre rosse e arancio.
Il padre e il futuro sposo la attendevano fuori.
“Sarà un’ottima moglie” disse Monkh.
Il padre gli strinse la mano e gli porse i tre cammelli promessi per il compito svolto.

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