mercoledì 26 gennaio 2011

Lettera di un addio


E’ vero.
Sono scappata.
Sono fuggita lontano da te.
Non ce la facevo più.
Non resistevo.
Ogni giorno morivo dentro.
Ieri notte più delle altre volte.
Tu mi accarezzavi, mi guardavi negli occhi, io distoglievo lo sguardo.
Mi chiedevi cosa non andasse.
Ti dicevo niente.
Ti ho chiesto di fare l’amore.
Te l’ho chiesto con la morte nel cuore, sperando, pregando di amarti ancora.
Mi hai guardata, ci hai creduto, che io potessi restare con te, davvero.
Volevo crederci anch’io.
Mi hai baciata con forza e passione, tanto da non permettermi di respirare, tanto da impedirmi di pensare, di pensare a lui.
Mi hai spogliata di fretta, veloce come un ladro, il ladro di un corpo che non ti appartiene più.
Lo sapevi e mi hai dato tutto te stesso sperando che questo bastasse.
Che una scopata potesse fare la differenza.
Invece no.
Ogni tuo gesto mi dava fastidio, ogni tua carezza era come un graffio.
Hai cercato invano il mio piacere frugandomi con le dita mentre io gemevo.
Le sensazioni si affollavano contraddittorie nella mia testa mentre sentivo le contrazioni del mio ventre dove il tuo cazzo prendeva il posto delle tue dita.
Mi hai scopata violentemente, per farmi sentire chi eri, chi comandava, spingevi a fondo sempre più forte mentre mi tenevi con le mani i fianchi e mi stringevi, stringevi tanto da lasciarmi i lividi.
Sentivo la tua passione e la tua rabbia in ogni fendente e le tue dita pizzicarmi i capezzoli tanto da indolenzirli.
Sentivo l’amore e la paura folle dell’abbandono mentre il tuo bacino si muoveva sempre più veloce
affondando nel mio corpo, sperando così di penetrare anche il mio cuore.
Ti sentivo ma non ti vedevo.
Vedevo il suo volto, vedevo lui.
E godevo.
Godevo come se fosse stato lui lì al posto tuo.
A spingere il suo membro duramente dentro me e a riempirmi.
Stringevo forte gli occhi e desideravo lui.
Così ho capito.
Ho capito che non potevo più restare.
Lo so, sono una vigliacca.
Scappare via mentre tu dormi, lasciarti sul letto questa stupida lettera, fatta di parole che per te non significano nulla se non che non tornerò.
Ed è vero.
Non tornerò.
Non tornerò mai più.
Non cercarmi.
Non ti amo più.
Addio.

Spuma di mare




Scende piano i gradini in pietra.
Sono umidi e scivolosi, i bordi smussati dal tempo e dalle intemperie.
Il sole picchia forte sulla sua testa e allora mette una mano sulla fronte per guardare lontano.
Lo sguardo rivolto all'orizzonte, verso il mare....
L'acqua è limpida, brilla di mille riflessi azzurrini e l'odore lo raggiunge insieme all'umidità e alla salsedine.
Una leggera brezza gli scosta la camicia bianca aperta sul petto mostrando il giovane ventre di ragazzo, ambrato, lucido di sudore.
Le correnti calde salgono verso il cielo, lungo la scogliera che scende ripida sul mare, scompigliandogli i capelli neri e offuscandogli per un attimo la vista.
Scende lento, impacciato, le gocce di sudore corrono lungo il viso, sul naso, vicino alle arcate dei suoi occhi verdissimi come smeraldi, stretti, piccoli, dischiusi per fuggire la troppa luce.
Appoggia le mani sulle rocce mentre guarda con attenzione ai suoi passi, i piedi nudi poggiano sulla pietra bollente, tastano il terreno alla ricerca di un più sicuro appiglio.
La sua spiaggia è poco sotto, nascosta da un enorme masso, che oscura quell'angolo di paradiso agli ignari passanti.
Pochi passi, poi finalmente un bagno.
Ma no....
Si ferma... si sporge... chi sarà?
Qualcuno sta godendo del piccolo paradiso al posto suo!
Chi sarà? Chi lo avrà scoperto oltre a lui?
Oramai non è più un posto segreto....
La misteriosa figura esce dall'acqua, i contorni scuri, il sole fortissimo alle sue spalle, il corpo bagnato e gocciolante....
E' una donna....
Si siede sulla sabbia, controlla il costume a fianco a lei, scosta dalla fronte i capelli bagnati e poi si distende.
La sabbia aderisce al suo corpo umido, il sale le profuma la pelle... e' nuda... ha fatto il bagno nuda.
Il ragazzo si sporge ancora per guardare meglio.
Giace distesa sulla sabbia, gli occhi chiusi, il volto rilassato rivolto al cielo, le mani dietro la nuca.
Il sole bacia la sua pelle dorata, sul suo corpo i segni del costume, bianchissimi, come fari guidano  lo sguardo del ragazzo.
I seni pallidi e rotondi, le punte prominenti, i capezzoli diritti dal freddo dell'aria rispetto all'acqua, le ginocchia sollevate e il sesso coperto, protetto tra le gambe strette.
Il ragazzo si sporge ancora... un ciottolo scivola tra le rocce della scogliera.
Lei alza il capo e si volta, lo vede.
Si alza, lo guarda con la coda dell'occhio, gli sorride e si dirige verso il mare... con un piede gioca con le onde che toccano la riva.
Il giovane esce dal nascondiglio e le si avvicina.
La guarda negli occhi, celesti come e più del mare, il suo sguardo lo rapisce, il vuoto entra nella sua testa.
Una voce risuona melodiosa nei suoi pensieri ma le sue orecchie non odono nulla se non lo scrosciare delle onde sulla battigia.
La ragazza si avvicina. infila le mani sotto la camicia, sulle calde spalle del giovane, e la sfila facendola cadere sulla sabbia.
Lo bacia, dischiude le labbra piano e con la lingua disegna il contorno della sua bocca, poi avvicina il bacino al suo.
Al contatto l'eccitazione s'impossessa di lui.
Inizia a succhiare quella bocca, è un bacio caldo dal sapore del sale, è un sogno e al contempo un incubo da cui non sa svegliarsi, dal quale non può riprendersi.
Chi è lei?
In cuor suo continua a chiederselo mentre il suo corpo e il suo ventre sono rapiti dalla giovane.
Alza le mani e le tocca i seni, pallidi come la luna.
Sono freddi e duri, i capezzoli scuri e ritti verso di lui... li schiaccia con le dita... lei geme... lo bacia piano mentre lui la tocca, il ritmo del respiro diminuisce e il volto abbronzato le si arrossa.
Le bacia un seno, poi l'altro, li avvicina con le mani e li lecca da punta a punta, veloce, vorace, si nutre del suo corpo e le schiavizza la mente....
I suoi baci scendono verso il ventre fino ad incontrare il sesso, infila una mano e le allarga le gambe.
Infila le dita tra le grandi labbra, trova il clitoride e lo tocca piano, lo strofina un po' e la guarda in volto.
Lei sorride beata, estasiata, ha la bocca leggermente aperta, la fronte distesa.
Penetra più a fondo, trova le piccole labbra, lei stringe un po' le gambe, lui improvvisamente le viola.
Un sussulto esce dalla bocca della ragazza.
Infila bene il dito fino in fondo, è profonda e umida, i suoi umori iniziano a scendere lungo le pareti, estrae il dito e le bagna con quegli stessi umori la figa.
Si alza, la volta e si abbassa dietro la sua schiena.
Infila il naso tra il lungo solco delle natiche e inizia a leccarle il foro penetrando con la lingua per assaporarla e bagnarla della sua saliva.
Umori e saliva si mescolano in un sapore forte che sa dei loro corpi, di sudore e di mare.
Infila un dito dentro.
Lei si piega in avanti e geme... si agita un po', poi inizia a muovere il bacino sempre più forte verso di lui... un dito è troppo poco... vuole altro... vuole un cazzo... e lo vuole dentro, dietro.
Si accovaccia a terra, le mani sulla sabbia e il sedere verso di lui e attende che la penetri.
Lui si abbassa il costume, oramai una gabbia, e si tocca il cazzo.
Lo palpeggia, è bello duro, è diritto, con la punta all'insù, lucido e chiaro.
Mette una mano sul sedere, le allarga le natiche, prende il membro con l'altra mano e infila il glande.
Lei si inarca, sospira, mugola.
Lui lo spinge piano dentro, poi dà un colpo secco e lo infila tutto.
Lei emette un urlo.
Si agita un po', vibra, le brucia il sedere, si muove con lui dentro e dopo un po' si ferma.
Ora è pronta.
Lui inizia a sbattere contro di lei, ad ogni colpo spinge forte, affonda in lei, colpo dopo colpo, mentre lei mugola immobile.
I colpi si fanno veloci, le mette le mani sui fianchi, poi si allunga sulla sua schiena e la palpa i seni mentre dietro la apre sempre più.
Il respiro della ragazza si fa veloce, sospira debolmente, lui le si avvicina per sentirla e inizia a sbatterla sempre più violento sentendo i respiri che seguono la velocità dei colpi.
La afferra per i fianchi e la fotte, sbatte le palle sui suoi glutei mentre ad ogni colpo la allarga.
Spinge in fondo tanto da toccarle l'intestino mentre lei grida di piacere.
Le sue urla si sciolgono nello scrosciare delle onde, mentre lui grugnisce come un'animale.
Perché oramai lo è, è una bestia che si sfoga furiosa sulla femmina inerme.
E' puro istinto. E' solo carne. E' solo desiderio e brutalità.
E' brutalità in ogni colpo, è brutalità in ogni spinta, è brutalità in ogni movimento del suo ventre.
Volto solo a fottere, volto solo a godere.
E gode, godono entrambi mentre il piacere li pervade violento e intenso come una scossa che sale fino al cervello.
Il membro si gonfia e finalmente esplode in un forte orgasmo.
Estrae di poco il cazzo, che non ha perso ancora tutta l'erezione, vede il suo seme fuoriuscire un po' e il leggero movimento del bacino di lei.
Si meraviglia.
Si muoveva?
Non era ferma?
E' lì che sussulta e spinge ancora, non paga, non sazia....
Spinge ancora verso di lui, impalandosi e gemendo ad ogni penetrazione.
Pochi secondi.
Ad un certo punto inarca la schiena.
Un sospiro più forte degli altri e si ferma.
Si scosta.
Gli umori del giovane colano tra lo spacco delle natiche mentre lei si rialza stanca ma ancora eccitata.
Raccoglie il costume, si volta verso di lui, poi verso il mare e va incontro alle onde.
Si tuffa, sparisce per pochi secondi, poi riemerge e gli manda un bacio con il gesto della mano e per poi sprofondare per sempre.
Il ragazzo si siede esausto a riva mentre la corrente porta vicino alle sue gambe una bottiglia.
La apre, dentro un foglietto con un messaggio:
"Che la mia melodia ti possa accompagnare
  ogni volta che pensandomi guarderai il mare.
  Non voglio vivere un'eternità senza poter amare
  preferisco tornare spuma di mare....".

Angelo




Mi guardi distesa sul tuo letto… ti soffermi a pensare a come ami ogni curva del mio corpo… a quanto piacere ti dà percorrerlo mentre io resto ferma ad osservarti.
Analizzi la mia pelle, la accarezzi, la annusi, ogni tanto mi sorridi… ti piace… ti piace guardarmi così, mentre la mia natura si mostra a te senza veli e senza pudore… senza vincoli.
E’ così che mi vuoi… lo desideri appena mi vedi… potermi toccare… potermi spogliare… e mi porti lì, nella tua casa, dove il tempo si ferma e solo le nostre sensazioni rimangono.
Mi prendi per mano e mi porti davanti al letto… mi accarezzi, mi baci, mi tocchi la schiena e la pancia e inizi a sfilarmi la maglietta con attenzione, mi spogli piano, delicatamente, come si fa con una bambola preziosa. Mi guardi in volto mentre sollevo le braccia per aiutarti a spogliarmi… ti sorrido maliziosa… mi baci sulla fronte.
Ti abbassi e ti soffermi sul mio ombelico… lo tocchi con un dito… io rido… che matto sei… lo fai apposta a farmi il solletico… ma poi lo baci sfiorandolo piano con la lingua e ti avvicini ai jeans.
Con fermezza mi tiri a te, i tuoi gesti sono meno dolci ma più passionali… lo sbottoni e abbassi la cerniera… infili una mano dentro gli slip… senti che sono calda… sono già bagnata. Le tue mani che mi accarezzano mi fanno questo effetto… lo sai… eppure te ne stupisci ogni volta e ogni volta alzi lo sguardo meravigliato verso me come se tu non sapessi… come se tu non capissi l’effetto che hai su di me.
Abbassi i jeans e me li sfili accarezzandomi le gambe… le cosce… il loro interno… le ginocchia…fino a scendere verso i piedi con mano ferma e calda… mi ecciti così, semplicemente.
Mi prendi ancora per mano e mi inviti a salire sul letto e a distendermi e ti siedi accanto a me… osservi la mia biancheria… ti piace… è provocante… ma la mia pelle chiara per te lo è ancora di più e allora mi sfili l’intimo con cura. Mi giri, slacci il reggiseno me lo togli e mi tocchi i seni, con i pollici mi accarezzi i capezzoli fino ad indurirli… ci giochi… li muovi con gesti circolari, li strizzi, poi con i palmi interi mi stringi i seni nelle tue mani e sospiri… i miei pensieri svaniscono e il mio istinto si risveglia sempre più forte in ogni tuo respiro sul mio collo…
Mi volto verso di te e ti abbraccio… voglio fare l’amore con te.
Mi sorridi, mi accarezzi il volto e mi guardi con occhi persi…
Anche tu lo vuoi…
Perché mi ami…
Perché sono il tuo angelo.

venerdì 14 gennaio 2011

Non sono più una bambina




(Liberamente dedicato ad un ragazzo che non mi cagava neanche di striscio...)

Ieri ti ho visto.
Dopo tanti anni ti ho rivisto... ne sono passati 5 eppure e' come se ti avessi visto l'ultima volta ieri.
Sei meno bello di come ti ricordavo, ti vedo con occhi nuovi, non più quelli di una bambina invaghita.
Sei rimasto il solito ribelle... ciuffo scompigliato, camicia aperta, sguardo da furbetto....
I sentimenti che avevo per te sono riemersi in un istante... una valanga di ricordi mi ha sommersa... i pensieri e le parole che mi ispiravi... gli avvenimenti tra di noi... la timidezza nel parlarti....
Gesti da bambina... sono sicura tu lo pensassi... te lo leggevo negli occhi... sei una bambina... bella ma bambina.
In un lampo ho rivisto tutto... ti avevo dimenticato così in fretta... la fine della scuola... il tuo trasferimento, le nuove amicizie, l'università... il mondo si apriva di colpo davanti ai miei occhi mentre io ti cancellavo....
L'ennesimo fallimento... l'ennesima sfiducia... l'ennesima promessa di non innamorarmi più....
La vita scorreva mentre le nostre strade si allontanavano.
E poi?
Ieri sera ti vedo.
Un tuffo al cuore.
Cosa ci fai qui?
Perché proprio qui?
Dopo 5 anni ti affacci di nuovo... forse a rivedere un pezzo del tuo passato... a ricordare parte della tua adolescenza passata in questa cittadina noiosa... chi può dirlo?
Io no di certo... non sono mai riuscita a penetrare i tuoi occhi... a comprendere i tuoi sguardi... ad intuire i tuoi pensieri... mai....
Vedevo solo la tenerezza nel tuo sguardo... nel parlare con quella bambina impacciata... ma decisa, determinata, forte nell'animo... la cosa ti stupiva... tu cercavi la mia amicizia, io il tuo amore... vedevamo cose diverse l'uno nell'altro... tu lo sapevi... fingevi ma sapevi ed io, d'altro canto, non ti avevo mai chiesto nulla... lo avevo capito.....
Mi bastava esserci per te.
Solo questo.
Ora come ora, se ci penso, tante cose sono cambiate.
Io sono cambiata.
Non sono più quella bambina... se tu mi guardassi ora non vedresti più gli occhi ingenui di una ragazzina... vedresti in me una luce diversa... vedresti una donna.
E capiresti che lo era anche allora... che nonostante i gesti semplici quella ragazzina era la stessa donna di oggi.
Ma tu non la vedevi... non vedevi la donna... non vedevi la sua sensualità... la intuivi quando le accarezzavi affettuosamente il collo o scherzavi con lei lungo i corridoi della scuola... la intuivi ma non la vedevi.
Ora la vedresti... la sentiresti come un brivido sulla tua pelle... la proveresti con un solo sguardo... con il mio solo toccarti...
con il solo sfiorarti... se ti avessi qui... ora.....
Mi avvicinerei piano... mi siederei a cavalcioni su di te e  ti legherei le braccia dietro lo schienale della sedia, senza stringere troppo ma abbastanza da impedirti di usare le mani....
Ti sfiorerei con le labbra il viso fino a toccare la tua bocca ma non ti bacerei....
Ti soffierei vicino l'orecchio dolcemente... inizierei a leccartelo, a succhiarlo, a mordicchiarlo, mentre le mie mani percorrerebbero il tuo petto, vogliose della tua pelle e del suo profumo....
Ti guarderei in volto e mi sfilerei lentamente la maglietta, farei fuoriuscire i capelli chiari e li legherei mostrandoti il mio collo, sottile e sinuoso come piace a te, per fartelo toccare... per farti desiderare di toccarlo... ti metterei una mano tra i capelli che porti sempre scompigliati e ribelli e ti guarderei come si fa con i bambini...come tu guardavi me... con dolcezza, con superiorità....
Inizierei a sfilarti la camicia sgualcita piano, schiudendo bottone dopo bottone fino a scoprire il tuo busto e ti percorrerei con le dita, seguirei le curve delle tua pelle dal collo al petto all'ombelico e scenderei piano giù per toccarti la cintura dei pantaloni....
Sussulteresti, mi guarderesti stupito, non te lo aspetteresti da una bambina... quale non sono più....
Ti guarderei diritto negli occhi e inizierei a sbottonarli mentre sentirei il tuo sesso sotto di me spingere verso la stoffa dei jeans... non riusciresti a distogliere il tuo sguardo da me... capterei ogni tua minima emozione e la farei mia... e godrei nel sapere di poterti finalmente dominare... nel corpo quanto nella mente....
Abbasseresti lo sguardo per imbarazzo... per vedere ciò che faccio... incontreresti il mio seno, rotondo, roseo, profumato, e ti accorgeresti solo ora che ti stava sfiorando... e ricorderesti quando mi dicevi di non nascondere il mio corpo anche se la cosa mi provocava un leggero imbarazzo....
Stavolta saresti tu quello imbarazzato... immobile sulla sedia mentre io ti spoglio... e tu non potresti farci niente... non riusciresti a sottrarti... vorresti vedere fino a che punto quella bambina potrebbe arrivare... spinto dal timore ma anche da una cieca curiosità....
Mi alzerei e ti abbasserei i pantaloni fino alle ginocchia e gli slip con loro... vedrei il tuo membro duro come non mai... lo vedrei... e lo sfiorerei con i seni, lo metterei in mezzo ai seni e inizierei a menartelo sempre più forte, sempre più veloce, mentre la tua eccitazione si spande per il corpo... ti sentirei gemere... gemere di eccitazione grazie a me... quella bambina che non avresti mai creduto così....
Te lo prenderei in bocca mentre fremi di piacere e te lo succhierei, lo accarezzerei con le labbra e la lingua assecondando le sue pulsioni e giocherei con le tue palle palpandole con le mani, stringendole e accarezzandole mentre tu mugoli piano e socchiudi gli occhi....
Ti sentirei venire mentre il tuo cazzo si fa sempre più gonfio e duro e il tuo seme inizia a colare copioso... vorresti che io lo bevessi... ti piacerebbe la bocca di quella bambina piena dei tuoi umori....
Quella bocca che non hai mai voluto... quella bocca che non hai mai desiderato... mai fin ora... mai se non ora....
Mi alzerei e ti lascerei lì... legato... inerme... raccoglierei la maglietta e la infilerei davanti a te mentre ti crogioli nell'intenso piacere che ti ho dato per un breve istante....
Mi guarderesti e penseresti che non ero così... che sono cambiata... che sono una stronza a mollarti sul più bello ma lo capiresti finalmente che non lo sono più....
Non sono più quella che conoscevi.
Non sono più una bambina.

La ragazza del lago




Daniele guardava stupito il tempo fuori…
Era nuvoloso e freddo, insolito per una giornata estiva. Il vento soffiava sulla superficie del lago e ne increspava le onde, una leggera brezza portava con sé l’odore della pioggia che non si fece aspettare… poche gocce iniziarono a cadere, fini, fitte, toccavano leggere le superfici delle cose bagnandole appena.
Gli alberi si muovevano, ondeggiavano piano portati dal vento e riempivano l’aria col loro odore e con il rumore del proprio fruscio.
Daniele aprì il vetro ed uscì sulla terrazza umida coperta dalle tegole del portico di legno che avvolgeva un lato della casa e appoggiò le mani alla ringhiera gocciolante… si sporse e la vide….
Una donna era inginocchiata sulle sponde del lago… con una mano toccava un cigno che col becco cercava attenzione… si alzò e si voltò verso lui… era lì ferma e lo fissava… snella, longilinea, i lunghi capelli rossi e mossi che le avvolgevano il viso… le forme sottili e sinuose… la carnagione pallidissima e gli occhi freddi come il ghiaccio… intrigante… inquietante…
Ogni tanto si inclinava verso l’acqua per accarezzare il cigno, lenta si incurvava, come un fuscello piegato dal vento, i capelli le cadevano sul viso e sulle spalle, il suo vestito bianco e umido svolazzava leggero lasciando intravedere la pallida pelle delle gambe…
E lo fissava… lo fissava ancora… ferma, irremovibile… penetrava gli occhi del giovane e leggeva dentro… il suo sguardo lo chiamava e lui si sentì attirato a lei come dal canto di una sirena.
Scavalcò la ringhiera e tirò indietro i capelli ribelli, strinse la felpa sul petto e corse verso di lei.
Arrivò davanti a lei e la guardò negli occhi… le mise una mano sul gelido viso e le toccò le guance, era bagnata, fredda come il ghiaccio ma incurante di ciò che la circondava.
La pioggia continuava a cadere leggera sulle loro teste, ignara del fuoco su cui scendeva… un lungo bacio fu la scintilla.
I sapori degli amanti si mescolavano con gli odori dell’acqua e delle piante.. un bacio strano per lui, irreale come l’atmosfera… un bacio fresco ma al contempo caldo di passione, dissentante per l’anima… non ci fu bisogno di parole… i corpi si sfiorarono, i bacini si stringevano desiderosi di toccarsi e le mani cercavano il piacere che agognavano tra le pieghe dei vestiti che scivolavano via dai loro corpi… e la pioggia cadeva lieve ancora su di loro…
La fece distendere sull’erba fresca e umida, l’odore della terra si spandeva e la nebbia scendeva leggera verso le rive del lago… le aprì le gambe piano e iniziò a baciarle le cosce sottili, lisce come pietre levigate, baciò piano il clitoride e iniziò a succhiarlo con sempre più foga… la ragazza inarcò la schiena… gemeva, si contorceva, il piacere non le dava tregua, la avvolgeva e non le lasciava il fiato… succhiava velocemente e con un dito la penetrava strofinandolo sulle morbide pareti della figa finchè non fu presa da un primo orgasmo, forte, violento… le cosce colavano del suoi umori e della saliva… era invitante… ferma, a gambe aperte distesa sull’erba, lo guardava, lo desiderava, lo voleva dentro sé…
Si alzò sul busto e rimase seduta a terra, con le dita sottili sbottonò il pantalone del ragazzo e abbassò la zip… vide lo slip gonfio, lo scostò e fece uscire il cazzo, duro, eccitato ed eccitante e cominciò ad accarezzarlo, ad adorarlo… era il suo totem di carne, pronto davanti a lei per darle piacere…
Allungò la punta della lingua e leccò le palle fino a risalire verso il glande e lo prese nella sua bocca calda… lo guardò in volto e iniziò a succhiarlo forte, la lingua lo leccava vorticosa, gli dava tormento ma anche piacere, le mani giocavano con le palle, dure come castagne, le stringeva, le palpeggiava, le sbatteva verso l’asta del pene, su e giù, senza fermarsi… lo guardava in volto trasfigurarsi, eccitarsi oltre modo, e godeva del suo godimento… le sue labbra bianchissime assaporavano il sapore di quella pelle, un sapore forte, che sapeva di sesso e di eccitazione…
Si staccò da lui, lo distese e salì sul suo pene… spinse fino in fondo, lo fece entrare tutto e iniziò a cavalcarlo… era una valchiria, algida e indomita, spingeva le sue natiche forte sul sesso di lui, le stoccate si susseguivano veloci e violente come la passione che li avvolgeva.
I gemiti si spargevano nel vento, sempre più intensi, sempre più copiosi, le mani di lui la tenevano forte per i fianchi e la schiacciavano verso le palle con intensa voracità… non erano più un’uomo e una donna… erano un fuoco sotto l’acqua scrosciante della pioggia…
Venne… l’uomo venne in un potente orgasmo, un sussulto gli uscì dalla bocca e un lungo brivido di piacere gli scosse il corpo… lei abbassò il volto verso lui e lo guardò dolcemente… si alzò, si diresse verso il lago e lo invitò a seguirla… poche ore dopo trovarono il suo corpo nudo che galleggiava sulla superficie dell’acqua… la ninfa del lago aveva mietuto un’altra vittima….

Un solo bacio


 




Lei è lì davanti a lui, occhi negli occhi, e la guarda incredulo.
Non avrebbe mai creduto… non avrebbe mai pensato di averla ma ora è lì con lui… ed è sua.
Le labbra si sfiorano e sente un fremito sulla schiena… le lingue si incontrano timide… poi si toccano sempre più frenetiche, giocose… si rincorrono, si strusciano, si assaporano, si succhiano… si conoscono e si esplorano negli angoli oscuri delle loro bocche…
I sapori si mescolano in un unico gusto che sa di entrambi ma al contempo diverso, l’adrenalina sale e confonde i loro pensieri, i respiri si affrettano e si inseguono… rallentano… aumentano… seguono le emozioni dei loro corpi che si fondono in un unico gesto… in un unico battito del cuore…
tutto questo in un bacio…
un solo…
unico…
interminabile bacio….

martedì 4 gennaio 2011

Sayana





Sayana si alzò lentamente e in punta di piedi si avviò all’uscio della sua gher e sentì il vento gelido dell’alba estiva che le sfiorava le guance rosse e che, più forte, smuoveva la sabbia del deserto del Gobi che era lì, disteso dinanzi ai suoi occhi.
I cammelli e il bestiame dormivano poco distanti, legati a pali temporaneamente conficcati nell’arido terriccio rosso che circondava la piccola oasi e che il sorgere del sole schiariva pian piano.
Dentro i genitori e i fratelli dormivano adagiati tra le pelli di yak folte e calde, avvolti nei loro abiti di seta spessa e dai colori sgargianti che contraddistinguono la loro tribù : gli Tsaatan, i nomadi allevatori delle steppe e dei deserti della mongolia.
Lo sciamano aveva comunicato giorni prima che finalmente era giunto il tempo per Sayana di prepararsi a diventare moglie e i suoi genitori avrebbero provveduto a trovarle un’istruttore che le spiegasse come soddisfare suo marito affinchè fosse ben lieto di generare sempre nuova prole per la loro tribù.
Il fresco del vento mattutino non aiutava Sayana a trovare la calma che desiderava per prepararsi all’incontro con l’istruttore che il padre aveva attentamente selezionato per lei ma sapeva che tutto ciò era necessario prima di poter sposare Ochir, l’uomo scelto per lei dalla tribù.
Taishir, la madre, si alzò vedendo la sua bambina nervosa e con calma si avvicinò e la strinse a sé, oramai aveva 14 anni e sarebbe finalmente diventata donna come fu per lei molto tempo prima, alla scarsa età di 13 anni.
Al sorgere del sole il padre e i fratelli uscirono dalla gher per permettere a Taishir di preparare Sayana con le più belle vesti che aveva al fine di essere accettata dal suo educatore. E le mise addosso una splendida tunica di seta, fitta di ricami dorati di fiori candidi e dalle lunghe maniche lucide, e stivali di pelle, biondi, con le punte all’insù e fregi verdi come l’erba della steppa.
Quando il sole fu alto in cielo il padre entrò nella tenda e prese per mano sua figlia conducendola con sé dinanzi alla gher dell’uomo che l’avrebbe istruita.
Era alto, con gli occhi scuri e il volto scavato dalle intemperie del deserto, i capelli nerissimi, lunghi e legati in una coda, e la carnagione rossa della loro etnia. Era ancora giovane ma il suo volto non tradiva incertezza. Il suo nome era Monkh, “eterno”, così come parve a Sayana l’istante in cui lo incontrò e si perse nello guardo penetrante dei suoi occhi scuri come la brace.
Monkh si spostò dall’uscio e indicò a Sayana di entrare nella grande gher color terra che aveva come casa e lei con passo leggero e timoroso vi entrò. Monkh dietro di lei entrò e chiuse l’uscio spostandovi sopra le grosse pelli.
Al centro cuscini e sete erano adagiati su un materasso di pelli di cammello e alcune candele fornivano una fioca luce.
Sayana si appoggiò al giaciglio e attese le richieste dell’istruttore.
Egli le si avvicinò e la prese per la schiena facendola distendere e piano sollevò i vestiti dal basso fino a sfilarli dolcemente dal corpo esile di ragazzina. La guardò, nuda, distesa sul suo letto e iniziò la sua lezione d’amore.
Si abbassò verso il corpo della giovane e iniziò a massaggiarle i seni con dolcezza e a leccarli e piano una mano scese verso il sesso di Sayana che iniziava a bagnarsi e a emanare un forte profumo, dolce e aspro. Con le dita sprofondò piano, nei gemiti di lei, che iniziava a contorcersi e a scivolare lenta nella morsa del piacere. Dopo poco le dita trovarono l’imene intatto della fanciulla, che non aveva mai donato il suo corpo a nessuno tranne che a lui. Prima con un dito e poi con un altro iniziò lentamente a spingere, incurante dei lamenti di Sayana, che si contorceva tra godimento e dolore, e la sua penetrazione si fece sempre più forte.
Iniziò a lubrificarla con la lingua assaporando il gusto dolcissimo e morbido di quella fiça di ragazzina, dalle labbra strette e scure, scivolosa e umida, morbida come e più della seta prodotta dai bachi allevati nelle steppe.
Monkh alzò le braccia e sfilò piano anche la sua tunica e i suoi pantaloni e allontanò i folti capelli neri dal suo volto arrossito dall’eccitazione. Abbassò lo sguardo verso il suo membro e vide che si era già eretto nella foga della passione. Si avvicinò alla ragazza prendendola per le mani, gliele posizionò sulle palle e sul pene e avvicinò il glande alla bocca rossa e carnosa di lei chiedendole di succhiarlo. Sayana iniziò lentamente e con poca convinzione sicchè le mani di lui sui capelli lunghi e folti della giovane spinsero sempre più forte e velocemente e Sayana infine riuscì a far venire il suo educatore che, dopo averle fatto ingoiare il suo seme, la guardò in viso finalmente soddisfatto dell’allieva. Ora toccava a lei essere pronta per quello che un domani sarebbe stato il suo uomo.
Si spostò dal viso della giovane e si ripulì il membro umido di seme e iniziò a stimolarlo con le sue mani e con quelle di Sayana che lo vide risorgere dal piacere che aveva appena ricevuto.
Lento si riabbassò Monkh  verso il sesso bagnato dell’allieva e iniziò a leccare veloce e a spingere con la punta della lingua mentre Sayana si reggeva ai cuscini del giaciglio, con gli occhi chiusi, stretti e la bocca spalancata in forti gemiti. La lingua dell’uomo ruotava prima leggera e poi forte spingendo l’imene, e le mani massaggiavano il clitoride affinchè ella provasse il maggior piacere possibile.
Quando fu il momento Monkh si staccò e la penetrò con un colpo secco. Un urlo improvviso si levò da Sayana inarcò la schiena e iniziò a spingere a sua volta, non paga del piacere come del dolore che il suo istruttore le provocava.
Lui iniziò a muoversi piano senza uscire, assecondando il suo piacere più che quello della ragazzina, ormai bagnata di sudore su tutto il corpo. Iniziò a spingere sempre più forte, su e giù, continuamente, in preda alla sua stessa folle passione, mentre Sayana tendeva sempre più le gambe e, nel dolore, assecondava i suoi movimenti.
Ma si ricordò all’improvviso del suo compito e, prima di venire dentro lei, si staccò, lasciandola inerme e senza fiato.
Lui si rivestì e lo stesso fece con lei, ancora sconvolta dalle emozioni provate; la fece alzare e la riaccompagnò fuori. Oramai era il tramonto e il cielo si oscurava lentamente in ombre rosse e arancio.
Il padre e il futuro sposo la attendevano fuori.
“Sarà un’ottima moglie” disse Monkh.
Il padre gli strinse la mano e gli porse i tre cammelli promessi per il compito svolto.